Il perché del progetto “casalingo”

Come già avevo scritto nel precedente articolo, il periodo COVID-19 mi ha permesso di lavorare ad un progetto che molto semplicemente ho chiamato “Progetto senza titolo”. 

Comprende una serie di piccole xilografie 10×10 cm e 10×30 cm i cui soggetti sembrano non avere niente in comune, tanto sono diversi tra di loro. In realtà sotto lo strato nero d’inchiostro è presente un fil rouge che li unisce e li accomuna: l’ambiente che essi compongono con la loro presenza silenziosa. Alcuni di loro si collocano all’interno della casa, altri sono stati creati per starne al di fuori, ma in tutti io riesco a leggere un’armonia che riempie  l’ambiente in cui mi trovo. 

Dato lo scombussolamento totale della casa per motivi di riordino, intorno a me c’era solo caos: le stanze sottosopra, gli oggetti accatastati alla rinfusa ed illuminati da fasci di luce che cambiavano in continuazione, modificando i loro contorni e le loro ombre. Era come se li vedessi per la prima volta.

Così ho iniziato il mio progetto. Sono partita dallo studio dalla sedia. E non a caso. In quest’ultimo periodo ho provato un particolare interesse verso questo oggetto, universalmente comune, forse scontato e banale, ma che in realtà si tratta di un vero e proprio oggetto personale che può simboleggiare l’attesa, il riposo, la riflessione. A volte può ricordare un’assenza. 

La xilografia è il linguaggio che mi ha aiutata a raggiungere il messaggio che volevo trasmettere. Tramite i suoi contrasti arriva a dire qualcosa senza mezzi termini. Era quello di cui avevo bisogno: essere più diretta con me stessa e con l’ambiente. 

Quindi da lì è partita la ricerca di forme che potessero soddisfare i miei stati d’animo provati in quel momento. Grazie agli oggetti che avrei scelto, vedevo un’occasione per esprimermi. 

Così ho guardato ciò che mai avevo preso in considerazione.

Posso dire con certezza che lo studio della maschera africana ha acceso qualcosa di diverso in me. Ha lineamenti duri e forme irritanti, ma in fondo perché guardare da un’altra parte quando anche lei può mostrarmi la verità? Esiste una parte di noi che non vogliamo vedere, ma è presente, lo sappiamo,  e credo sia giusto osservarla.  

Sicuramente questo progetto è stato anche un’occasione per studiare la materia. Infatti, dopo aver seguito i consigli di Gianni Verna, uno degli xilografi più importanti in Italia, ho voluto riprodurre la texture, di cui lui parlava, con la colla vinilica, perché altro non avevo in casa. Dunque questo è il risultato: si tratta di un esperimento che non so se ripeterò, o meglio non so se utilizzerò la colla di nuovo, perché non è troppo fedele a quello che voglio. Al momento dell’asciugatura essa si ritira, non rispettando più quello che siamo abituati a vedere quando è fresca. 

Per quanto riguarda lo studio del segno “Eva”, “Prima di dormire” e “La palma salvata” rientrano a pieno titolo in questo capitolo.

La xilografia è la tecnica che si esprime attraverso il linguaggio dei segni lasciati dalla sgorbia che incide sul legno o linoleum. I segni possono essere più o meno profondi e larghi a seconda della sgorbia usata. Ed è interessante vedere che l’insieme delle incisioni fatte, in armonia tra di loro, dà vita ad un’immagine ben definita. 

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